venerdì 21 giugno 2013

Lago Moro (Angolo Terme)




Il lago Moro si trova nella bassa Val Camonica, nelle Prealpi Bergamasche, adagiato tra le colline delle Sorline e di Rodino, al di sotto dei monti Pora e Altissimo. Si può raggiungere abbastanza facilmente in auto sia da Darfo Boario Terme (passando per le frazioni Corna e Capo di Lago) sia da Angolo Terme, mentre è collegato con Anfurro e Gorzone tramite sentieri talora impervi ma suggestivi. L'unico centro costiero (abitato però solo da poche decine di persone) è il caratteristico borgo di Capo di Lago, presso la punta orientale. All'estremità opposta, ma a mezza costa sui monti circostanti, si trova l'abitato di Anfurro di sotto (frazione di Angolo Terme).
Sopra la riva settentrionale si incontrano alcune abitazioni facenti parte della località Carbone, mentre sopra la riva meridionale ci sono solo alcune cascine.


Il bacino lacustre si trova a 381 m di altitudine, è di piccole dimensioni (ha una larghezza massima di 320 m e una lunghezza massima di 820 m per una superficie totale di 0,174 km²) e tocca la profondità di 42,20 m. Le sue pareti di roccia quarzosa bruno rossastra (verrucano lombardo, localmente noto come pietra simona) sono ripide e scendono immediatamente in profondità (tale morfologia è dovuta all'azione erosiva dei ghiacciai che l'hanno formato), favorendo la colorazione piuttosto scura delle acque. Data la collocazione in una conca con vette di varia altitudine che lo circondano per tutto il suo perimetro, ha acque fredde e durante gli inverni rigidi può ghiacciare.
Sulla sua origine le fonti sono discordanti: alcune (per lo più la tradizione orale, ma non solo) parlano di una presunta origine vulcanica, ma l'escavazione glaciale pare più attendibile. Non ha né emissari né immissari: solo alcuni piccoli ruscelli sfociano nel lago che è alimentato principalmente da sorgenti sublacustri di profondità. Per questo motivo il lago è meromittico, ossia le acque profonde e quelle superficiali non si mescolano mai.


 
Partendo da Gorzone sulla principale via Umberto I° si incontra lo storico palazzo Piccinelli sul cui si innesta perpendicolarmente alla strada principale un apparente viottolo anonimo: ecco l’accesso per il nostro sentiero. Una rapida discesa vi condurrà alla forra del Dezzo lasciando l’abitato sopra le vostre teste: uno sguardo a 360° dal ponticello sul torrente e realizzerete di essere entrati in un altro mondo. Il percorso risale brevemente il torrente per affrontare la salita sul versante opposto e portarvi rapidamente in quota sino ad affacciarvi, dal Percorso tanto semplice quanto interessante, il sentiero che collega Gorzone a Capo di Lago è una vera miniera di sorprese: attraverso lato opposto del canyon, alla splendida ed unica vista del castello di Gorzone. Lungo il bosco, tra rovine di cascinali di un tempo che fu, scoprirete di essere ormai in quota per godere di una panoramica della valle, dall’abitato di Darfo al lago di Iseo ed oltre. E se avete ancora un pizzico di stupore da parte, non perdete l’occasione di ammirare la particolare vegetazione prima di giungere ormai allo sbocco della strada verso Capo di Lago.
Percorribile in qualsiasi momento da primavera all’autunno, risulta eccellente per una passeggiata non particolarmente impegnativa della durata di 30 minuti circa, facendo comunque molta attenzione ai tratti pericolosi.

Sentiero dell'Altopiano

 
Sui prati e boschi di Bossico
  • Partenza: Bossico (parcheggio ad occidente del paese)
  • Tempo di percorrenza: 2 ore 30 minuti
  • Difficoltà: facile
  • Dislivello: in salita 350 m
L'altopiano di Bossico è un concentrato di valori ambientali e paesaggistici che non ha eguali sul territorio dell'Alto Sebino. Alle testimonianze geomorfologiche del carsismo e del glacialismo si sovrappone la presenza di un armonioso paesaggio che esprime con suggestiva chiarezza la secolare tradizione silvo-pastorale che ha caratterizzato la storia di questo altopiano.


Punti di interesse: paesaggio silvo-pastorale con praterie, cascinali ed estesi boschi di conifere (pinete e peccete); doline e cordoni morenici allungati facilmente individuabili nel paesaggio. Monte Colmbina (su deviazione)per godere della visione panoramica sull'altopiano, sul Sebino, sulla Val Supine la Presolana e le altre cime orobiche.

Sentiero dei Castagneti (Artogne)


Parcheggio Isola ecologica, parcheggio nel borgo Castello, parcheggio nella Piazza del Municipio
L’itinerario si svolge tutto nella zona pedemontana che avvolge e sovrasta il centro storico del paese. Vi si può quindi accedere da vari punti e si possono percorrere anelli più o meno grandi a seconda delle esigenze, sconfinando eventualmente anche negli adiacenti comuni di Gianico e Piancamuno.
Il tema del percorso prende spunto da una delle attività agricole che maggiormente hanno caratterizzato il paese: la coltivazione del castagno da frutto.
L’itinerario, infatti, è dominato dalla presenza di imponenti alberi di castagno.
Le varietà coltivate sono caratteristiche di questa zona e sono le biline, le agostane e le rossere, di pezzatura piccola ma di particolare gusto dolce che le rende ideali per la cottura come caldarroste. Non mancano anche piante innestate con varietà diverse quali i marroni e gli ibridi eurogiapponesi. Partendo dalla antica località della Bettola al confine con Piancamuno si può avere uno scorcio del borgo antico delle Maserade passando davanti ad una santella secentesca fatta costruire dalla famiglia Belafatti.
Il nome pare derivi da Maxirata che si riferisce al deposito di masserizie delle monache di S. Giulia. Si prosegue circondati da castagni secolari sino al ponte sulla Valle di Artogne.
Si attraversa il torrente in località Castello e ci si immette nel borgo medioevale, segnalato dalla presenza di una santella affrescata su entrambi i lati, e dai resti del Canale Opificieri che un tempo dava acqua ed energia a fucine, segherie e mulini.
Si sale percorrendo una storica antica via tutta scavata nella roccia denominata dei carbunì.
Essa era percorsa dai carbonai che portavano a valle il carbone prodotto in montagna con gerle di grosse dimensioni, aiutandosi con lunghi bastoni ai quali si sorreggevano puntandoli in apposite coppelle presenti nella roccia.
Dalla sommità di questo poggio si gode un bel panorama sulla valle e si capisce come la posizione strategica sia stata scelta per la costruzione di torri fortificate abitate lungamente dai Federici e delle quali sono ancora visibili dei resti.
Questa parte può essere percorsa solo a piedi.
Si prosegue poi verso la via delle Plagne attraversando la strada asfaltata per Piazze in località Frigola (dove è presente una sorgente d’acqua).
Il nome di Plagne deriva dalla presenza di una serie di “piane” situate a mezzacosta.
Lungo il percorso si incontrano diverse santelle. Giunti in prossimità della località Ronco, si presentano tre possibili itinerari.
Il primo, lungo la Strada dell’Abate, sale fino a raggiungere un bel bosco, appartenuto forse in passato ad un monastero, e da lì scende verso Gianico, transitando per la località Sgarnere, dove si segnala una sorgente d’acqua che scorre in un antico abbeveratoio di pietra.
Il secondo invece imbocca la strada detta Strada Grossa, che scende bruscamente in direzione dell’abitato di Artogne, passando davanti, in località Batistele, ad un’azienda dedita alla coltivazione e all’essiccazione delle castagne.
Lungo questo percorso è anche possibile vedere una grande roccia incisa con numerose coppelle di probabile origine preistorica. Il terzo itinerario, infine, prosegue lungo la Strada delle Plagne che, con andamento agevole, consente di raggiungere una zona particolarmente panoramica e di portarsi in località Le Frise dove è presente un’azienda agrituristica.
A questo punto si può proseguire verso Gianico, oppure fare ritorno ad Artogne attraverso una via consortile denominata Rive dei Balti che conduce alla chiesetta di S. Andrea, risalente al XIV secolo e sulla cui facciata rivolta al paese si possono ammirare due antichi af-freschi raffiguranti S. Cristoforo (protettore dei viandanti) e il Martirio di S. Andrea.

Sentiero dei Montanari

 

Tra rogno e le frazioni

  • Partenza: Rogno (centro del paese)
  • Tempo di percorrenza: 4 ore
  • Difficoltà: medio
  • Dislivello: 670 m
Dal fondo valle lungo mulattiere i sentieri intagliati sulle dure e scure rocce permiane il percorso conduce alla scoperta di due nuclei montani panoramici e di sapore antico particolarmente suggestivi: S.Vigilio e Monti. La remota presenza umana sui luoghi,addirittura preistorica, ha in parte ammansito le forme aspre dei pendii con bellissimi terrazzamenti sostenuti da muri a secco e la creazioni con tanta fatica e creatività di sorprendenti percorsi. Anche i segni della fede sono presenti e costituiscono dei riferimenti che tramandano e conservano ancora oggi il loro messaggio devozionale.

Punti di interesse: Numerosi scorci panoramici sulla valle lungo i sentieri; suggestivi nuclei abitati di S.Vigilio e Monti; santuario della Madonna Addolorata di Piazza e Santuario della Madonna del Dosso Lungo; pendici terrazzate (tra Monti e Bessimo di Rogno); gigantesco masso erratico, sopra Piazza; cedui castanili e da frutto lungo tutto il percorso.

Acqua sul percorso: si, alle frazioni attraversate e fontana sulla mulattiera verso la madonna del Dosso Lungo.

Sentiero delle Malghe


  • Partenza: Curva a metà percorso stradale tra S.Vigilio e Monti
  • Tempo di percorrenza: 4 ore 30 minuti
  • Difficoltà: medio
  • Dislivello: in salita 720 m
Il percorso è apprezzato da coloro che amano il silenzio e la solitudine di una impervia e verdissima vallata alpina.



Dominano i boschi di faggio, a tratti anche monumentali sul versante sinistro della vallata. Le mulattiere, per la maggior parte acciottolate, consentono di scoprire degli angoli particolarmente pittoreschi e incantevoli della vallata che, lungo le pendici del Monte Pora, a tratti si fa impervia oppure si ingentilisce dove il pendio si modera per ospitare praterie e cascinali come a Plassa e sul Piano della Palù.
Punti di interesse: calchera agli inizi del sentiero; paesaggio forestale delle faggete e di faggi monumentali; paesaggio silvo-pastorale a Plassa e sul Piano della Palù con le malghe di Termen e Palù.
 

Sentiero dei Rifugi (Lovere - Rifugio Magnolini)



Partenza: Lovere (piazzale Marconi)
  • Tempo di percorrenza: 4 ore
  • Difficoltà: medio
  • Dislivello: in salita 1430 m
Si tratta di un lungo percorso che consente di passare dall'ambiente lacustre ed urbanizzato della cittadina di Lovere alle praterie alpine del Piano della Palù che ospitano il Rif. Magnolini attraverso una sfumare di paesaggi e formazioni rocciose triassiche.

Le antiche mulattiere sulle quali è tracciato il percorso restituiscono il fascino di una vita laboriosa lontana che la disseminato sul territorio tante testimonianze di grande intesse sociale, economico e culturale.
Punti di interesse: Attraversamento di nuclei urbani pittoreschi collegati da antiche mulattiere acciottolate; poggi terrazzati con muri a secco; alternanza di formazioni boschive (querceti ed orno-ostrieti, castagneti, peccete); attraversamento della Val Supine con dirupata costiera dolomitica; fossili; paesaggio silvo-pastorale sulla sinistra idrografica della vallata, a malga Ramello e sul Piano della Palù; Monte Alto, per godere della visiona panoramiche delle cime orobiche, della bassa Val Camonica e del Sebino con le sue montagne.
 




La "Via del Ferro" - Anfurro Inferiore (679 m) – Angolo Terme

Sentiero CAI 480
15 km
Passeggiata lunga ma non difficile.

 
Questo itinerario inizia al primo tornante che si incontra scendendo da Anfurro e comprende la seconda parte del tracciato segnalato dal CAI con il numero 480.
Prima di giungere alla frazione di Anfurro Inferiore, all’altezza del secondo tornante, seguendo la segnaletica Pardi – Padone, s’imbocca una comoda mulattiera abbastanza ombreggiata che, con andamento quasi sempre in quota, si sviluppa su un versante ben soleggiato in direzione NE.

 
La vegetazione dei prati e dei boschi circostanti è ricca di fiori e favorisce, nella stagione propizia, la presenza di molte specie di farfalle, che in estate costituiscono una splendida nota di colore.
Dopo circa quaranta minuti di cammino si giunge in località “Pardi” e poco oltre in Val di Sé, dove è possibile notare tracce di lepri e caprioli o avvistare gli scoiattoli sui rami degli abeti.
Superato un bivio, da cui parte un sentiero che scende verso l’abitato di Angolo Terme, si entra nella valle del Bassile.
Seguendo per un tratto il sentiero del Belvidì, in circa venti minuti, si giunge alla località Dergna, ottimo punto panoramico sull’abitato di Angolo Terme, sulle frazioni di Mazzunno e Terzano, sulla Valle di S. Giovanni, sulla via Mala col fiume Dezzo.
Nei pressi di una cascina, appare in tutta la sua maestosità un grande e secolare castagno che, da solo, merita una sosta. Da qui il sentiero perde gradualmente quota sino alla località Crapa raggiungibile in circa venticinque minuti. Qui è possibile attingere acqua ad una fresca sorgente.
Si prosegue poi lungo un sentiero pianeggiante sino a incrociare la mulattiera che da Angolo sale al Colle Vareno che si inerpica un modo accentuato attraverso alcuni tornanti, finché si raggiunge un bivio contrassegnato dalla presenza di una cappelletta.
Qui si scende prendendo la destra.
L’itinerario che segue, come pure il tratto di mulattiera finora percorso e che scende verso Angolo Terme, coincidono con l’antichissima strada per la Valle di Scalve lungo la quale, fin dall’epoca romana, transitava il minerale di ferro estratto dalle miniere scalvine.
Questo veniva smistato ad Angolo per essere portato alle fucine dei vari centri della Vallecamonica.

giovedì 20 giugno 2013

Diga del Gleno (1964 m.) e Belviso (2518 m.)


Arrivati a Vilminore di Scalve proseguiamo verso la frazione di Pianezza dove parcheggiamo l’auto, dalla piazza del piccolo borgo parte il sentiero CAI 411 che dapprima attraversa i vicoli per poi continuare  lungo delle recinzioni di terreni privati.
Proseguendo giungiamo ad una  baita in sassi e poco dopo entriamo nel bosco, dove il sentiero comincia a  salire con maggior pendenza e una serie di tornati ci porta fino alla  località Pagarulì, contraddistinta da una costruzione in cemento da cui  parte una condotta forzata dell’acqua.
Da qui il sentiero prosegue  pianeggiante contornando i fianchi della montagna, con alcuni tratti  scavati nella roccia, fino a portarci ai ruderi della Diga del Gleno.

Attraversato l'impressionate squarcio causato dal crollo delle 10 arcate centrali, dopo esserci soffermati davanti alla lapide commemorativa delle vittime della tragedia, ci inoltriamo nell'ampia conca che una volta  conteneva il bacino idrico e dove è presente ancora un piccolo laghetto  artificiale.


Qui imbocchiamo il sentiero CAI 410 che prosegue in falso  piano fino alla Malga Bassa, poi ricominciamo a salire seguendo il corso  del Torrente Gleno costellato da spettacolari cascatelle e dalle caratteristiche marmitte dei giganti fino a giungere la baita di mezzo del Gleno (1818 m).

Si attraversa poi il torrente per giungere ai ruderi del rifugio Bissolati (distrutto da una valanga nella primavera del 1925) a 1950 m di quota. Da qui si sale con maggiore pendenza, fino a raggiungere la baita alta del Gleno (2091 m) e a incrociare il sentiero 321.
Con un ultimo strappo si arriva infine al passo di Belviso (2518 m).
 
Proseguendo arriviamo alle pendici del Monte Gleno dove mi sono fermata per poi riprendere la via del ritorno.

 

mercoledì 19 giugno 2013

Via Mala (531m) – Padone (890 m) – Salto degli Sposi (1270m)

Il sentiero inizia pochi metri prima della ex casa cantoniera, situata dopo la prima galleria che si incontra provenendo da Angolo.
 
Il primo tratto si snoda a fianco di un torrentello che in questa parte terminale è ricco d’acqua, ma poco più avanti è solitamente asciutto. Siamo nella valle di Padone.
Su entrambi i lati della strada si innalzano pareti scoscese ricoperte da boscaglia (prevalentemente carpino nero e frassino orniello). Prestando attenzione si può individuare, sulla destra, una sorgente carsica che sgorga dalla roccia.
Ora la Valle si fa molto angusta e il sentiero diviene un poco ripido passando attraverso una stretta gola caratterizzata da una bella cascatella. Superato questo tratto, la valle tende ad aprirsi.
Dopo diversi attraversamenti della valle medesima, il sentiero si porta sul versante sinistro snodandosi in un bosco nel quale l’abete rosso sembra prevalere.
Siamo ad un nuovo attraversamento della Valle e si riprende a salire sul versante destro in un bosco di aceri, tigli e frassiniQuesto bosco un tempo era utilizzato per la legna da ardere, ma ora gli alberi sono lasciati invecchiare affinché le piante migliori possano fornire legname da opera.
Proseguendo si giunge in prossimità di due baite recentemente ristrutturate, circondate da un prato parzialmente rimboschito con una forte presenza di larici. Si nota un processo abbastanza comune di “ritorno” del bosco in seguito all’abbandono di molti appezzamenti in passato tenuti a prato – pascolo.
Giunti al bivio, nel quale si incontra la mulattiera contrassegnata dal segnavia n. 480, si prosegue a destra raggiungendo le cascine e i prati del Dosso di Padone.
Superata la Santella di Padone si prosegue lungo una mulattiera pianeggiante fino all’inizio del bosco. A questo punto si imbocca un sentiero a sinistra e si riprende a salire lungo la dorsale, tra prati e castagneti.
Da notare, qua e là, qualche sasso rossastro che sporge dal terreno: si tratta degli affioramenti della coltre di detriti abbandonati dagli antichi ghiacciai della Val di Scalve.
La loro presenza rende il terreno piuttosto acido, favorendo la crescita di castagni e betulle.
La dorsale si fa ora più defilata e il sentiero sale rapidamente a tornanti. Si giunge alla località “Pandusì”, un piccolo pianoro dove si trovano i ruderi di alcune baite sovrastate dai grandi basamenti della teleferica Manina – Darfo.
Ancora qualche tornate e finalmente il sentiero si fa più comodo passando sotto il dirupo del Salto degli Sposi.
Ci si riporta poi sul versante nord e poco dopo si raggiunge la stradina che, sulla sinistra, conduce alla splendida balconata calcarea del Salto degli Sposi.
 
Vasto e di grande interesse il panorama sulle Valli di Angolo, di Scalve e Valle Camonica.

Escursione Bedosco, Rodino e Anfurro (Angolo Terme)


Poco dopo aver lasciato Angolo in direzione Anfurro, in località Bedosco, si devia a sinistra la strada asfaltata che porta al Lago Moro e contrassegnata dal segnavia CAI n. 480.
Castagneti e splendidi prati si susseguono fino alla località Carbunè.
 
Si giunge ad un bivio e si prende la strada di destra. Si tratta di una comoda sterrata che sviluppandosi a mezza costa costituisce un’incomparabile balconata sul lago Moro.
Le rocce affioranti lungo le scarpate della strada sono di color rossastro: si tratta di arenarie quarzose e di rocce vulcaniche databili al Paleozoico (oltre 250 milioni di anni fa).
La vegetazione è costituita prevalentemente da betulle, pini, ornielli, larici, corpini.

Dopo circa 10 minuti si giunge a “Rodino”, località ben soleggiata, caratterizzata da cascine con muri di sostegno in sassi rossastri che ben si mimetizzano con le rocce circostanti.
Sulla destra, nei pressi di una fontanella, inizia la mulattiera che sale verso Anfurro, sempre contrassegnata dal segnavia 480.
Il tracciato a tornanti presenta tratti di selciato assai spesso delimitato da muretti a secco dai quali, all’inizio dell’estate, spiccano splendide fioriture di valeriana rossa.
In queste zone piuttosto impervie, la fatica dell’uomo per strappare alla montagna qualche lembo di terra da coltivare appare davvero immane.
Un intrico di muretti e sentieri porta ai vari appezzamenti terrazzati. Nonostante il disagevole accesso, gran parte di questi “ronchi” sono tuttora ben coltivati, così che la mulattiera si snoda tra frutteti, vigneti ed uliveti.
 
Le zone più aride e scoscese sono sovente occupate da boscaglie di latifoglie che ben si adattano alla scarsezza d’acqua e alla povertà del terreno. Spicca qui l’erica arborea facilmente distinguibile per i suoi piccoli fiorellini bianchi.
Ormai nei pressi di Anfurro la morfologia del terreno si addolcisce, i terrazzamenti si fanno più ampi e prevalgono le coltivazioni a prato. Il panorama è splendido.
Così appare in tutta la sua varietà la bassa e media Vallecamonica solcata dal fiume Oglio. In lontananza si scorgono il gruppo dell’Adamello e il Tredenus; più in basso il triangolo inconfondibile del Pizzo Badile e poi, proprio di fronte, Monte Campione e giù fino alla confluenza dell’Oglio nel lago d’Iseo.
Raggiungiamo così Anfurro di Sotto.
 

Fiume Oglio

Parcheggio all’inizio di Via Fermi, Parcheggio vicino alla Stazione Ferroviaria.
Dalla attuale strada provinciale N.1, attraverso le vie comunali dell’Oglio, delle Bosche e del Vescovo si accede alla parte pianeggiante del comune di Artogne e alle rive dell’Oglio.
 
 

Questo reticolo di strade si interseca anche con la pista ciclabile che ben si integra nel percorso e può essere intrapresa per proseguire lungo il fiume Oglio verso la Valle Camonica o verso il Lago d’Iseo. Lungo questi percorsi è possibile osservare delle piante di ontano (ogne), da cui anche una possibile derivazione etimologica del nome del paese, platani, sambuchi e salici, che una volta delimitavano la rete irrigua della zona, noci e pioppi.
È anche possibile avvicinarsi alle rive del fiume Oglio e godere della tranquillità legata al silenzio e al lento scorrere delle acque.


 
La Strada dei Ronchi conduce ai terreni siti nella piana adiacente all’Oglio, soggetta in passato alle periodiche piene del fiume che vi apportava sabbie limacciose.
Lungo questa via sono presenti anche dei caselli agricoli a base quadrata che probabilmente servivano come ricovero degli attrezzi. 
La Strada del Vescovo era un’antica via alternativa alla Vecchia Valeriana, che collegava gli abitati di Piancamuno e Gianico passando nella zona pia-neggiante del territorio di Artogne; essendo più agevole rispetto ad altre vie, probabilmente era percorsa dal vescovo quando veniva in Valle Ca-monica per le visite pastorali.
La Strada delle Bosche deriva il suo nome dal fatto che conduceva a località dove erano presenti piante ad alto fusto e ramaglie a crescita spontanea.